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Utili per sostenere le famiglie? “I comuni possono già farlo applicando le norme”. Iren zittisce il Sindaco Daviddi

“Abbiamo letto con attenzione l’articolo in cui il sindaco di Casalgrande, Giuseppe Daviddi, propone di utilizzare una parte degli utili di Iren per sostenere le famiglie del suo Comune, in particolare per il pagamento delle bollette e della tassa sui rifiuti.

Innanzitutto, preme sottolineare che dal 2025 è stato istituito da ARERA a livello nazionale il Bonus Sociale Tari, uno sconto pari al 25% della Tari o della tariffa corrispettiva – dove applicata – dovuta dal cittadino e sarà riconosciuto automaticamente a partire dal 2026 a tutti i nuclei familiari con Isee inferiore a 9.530 euro, o sotto i 20.000 euro per le famiglie numerose.

Inoltre, ricordiamo che, per quanto riguarda la copertura del costo del servizio rifiuti urbani, esiste già un quadro normativo che permette ai Comuni di agire in tal senso. Ad esempio, il Regolamento tipo per la disciplina della tariffa corrispettiva puntuale dei rifiuti predisposto in collaborazione tra Atersir (l’Agenzia Territoriale dell’Emilia-Romagna per i Servizi Idrici e i Rifiuti), Regione Emilia-Romagna ed Anci, contrariamente a quanto sostenuto da Daviddi, stabilisce chiaramente all’art. 35 anche per i Comuni che adottano la Tariffa Corrispettiva Puntuale (TCP) la possibilità di utilizzare risorse proprie, tra le quali anche gli utili derivanti dalla gestione del servizio, per finalità sociali, equitative, di sostegno allo sviluppo del territorio e per altre ragioni di rilevante interesse pubblico.

In pratica, i Comuni hanno già la piena facoltà di valutare l’opportunità di reinvestire gli utili percepiti dal settore rifiuti per ridurre la pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese, come in effetti molti Comuni fanno introducendo scontistiche e incentivi.

D’altra parte, lo stesso prevede la legge nazionale, istitutiva della Tassa sui rifiuti, per i Comuni che adottano il tributo anziché la tariffazione a corrispettivo; in più, in quest’ultimo caso, i Comuni sono sovrani nel determinare le politiche tariffarie attraverso propri atti.

Questo meccanismo è stato pensato proprio per garantire che i proventi della gestione dei rifiuti rimangano all’interno del sistema e siano utilizzati a beneficio della comunità, senza dover ricorrere a soluzioni straordinarie o a interpretazioni normative che potrebbero risultare meno lineari.

Vale la pena ricordare, infine, che i Comuni utilizzano già gli utili provenienti dalle società partecipate destinandoli alla propria comunità: dai servizi alla persona, agli investimenti per il territorio e il patrimonio pubblico.

Pertanto, l’idea del Sindaco Daviddi, non si basa su una proposta innovativa, ma su una possibilità già esistente, regolamentata e praticata. La sfida, in questo caso, non è quella di ottenere un nuovo “permesso” (che, peraltro, esulerebbe dalla competenza di Atersir), ma di applicare al meglio le norme già in vigore, garantendo la massima trasparenza e un’efficace gestione dei fondi a disposizione.

In questo contesto, la scelta di molti Comuni del reggiano di passare dal modello a tributo (Tari) a quello a tariffa corrispettiva puntuale (Tcp) assume un’importanza cruciale.

In Emilia-Romagna, su un totale di 330 comuni, 132 comuni e 8 capoluoghi su 10 hanno adottato il regime di tariffa a corrispettivo. Il modello a tariffa è un sistema che promette di essere più equo e trasparente: infatti, con la tariffa corrispettiva, il cittadino paga in base al servizio effettivamente ricevuto, incentivando comportamenti virtuosi come la riduzione della produzione di rifiuti indifferenziati e l’aumento della raccolta differenziata. Non si tratta più di una tassa, ma di un corrispettivo per un servizio, con un legame diretto tra quanto rifiuto indifferenziato (quindi non recuperabile) si produce e quanto si paga. Questo approccio è in linea con le direttive europee “PAYT” (Pay as you throw, cioè paghi per quanto butti) e promuove una gestione più sostenibile ed efficiente del ciclo dei rifiuti.

Il comune di Reggio Emilia, ad esempio, è passato a Tcp dal 2022 iniziando così un percorso, che seppur lentamente, ha l’obiettivo di produrre una maggiore premialità per gli utenti virtuosi e incentivi per la riduzione della produzione di rifiuti.

Il modello a tributo, invece, è spesso percepito come meno equo perché presuntivo, in quanto si basa su parametri che non sempre riflettono l’effettiva produzione di rifiuti. Inoltre, il passaggio alla tariffa corrispettiva ha consentito in molti casi di separare chiaramente il costo del servizio dalla fiscalità generale del Comune, rendendo più trasparente la spesa pubblica e la gestione del servizio di igiene urbana e consentendo al sistema imprenditoriale di portare in detrazione l’IVA.

La proposta del Sindaco, quindi, pur partendo da una motivazione condivisibile, rischia di deviare l’attenzione dal problema reale. L’invito che rivolgiamo al Sindaco di Casalgrande e a tutti gli amministratori è di guardare alle buone pratiche già in atto sul territorio che rappresentano una soluzione strutturale e a lungo termine per una gestione dei rifiuti più efficiente, trasparente e giusta per tutti i cittadini. E lavorare insieme per aumentare il controllo della qualità del servizio offerto dal gestore e richiedere investimenti in ricerca e sviluppo che sono gli unici strumenti in grado di mantenere competitivo e virtuoso un processo industriale complesso come quello della gestione dei rifiuti urbani nel bacino territoriale di Reggio Emilia”.

Il comunicato stampa è pubblicato integralmente così come giunto in redazione e la risposta, con altri toni e ben altra profondità, ricorda un po’ quella che la Rai inviò all’allora Sindaco di Sassuolo Menani nel 2022 il quale, con il suo solito tono da buon uomo prestato alla politica, protestava con veemenza sul segnale Rai che non arrivava alle antenne dei cittadini consigliandogli di “chiamare un antennista“. Del segnale Rai da allora a Sassuolo non si parlò più.

Dubitiamo che a Casalgrande si metta di parlare di Iren, dato che su qualcosa bisogna pur far polemica. Del resto una cosa è chiamare un antennista, un’altra è applicare norme, studiandole e adattandole alla propria realtà costruendo un consenso politico attorno alle proposte. Bisogna conoscere insieme norme e politica. E non è detto che sia questo il caso.

 

 

(14 agosto 2025)

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In zona stazione con in tasca le dosi pronte per lo spaccio: denunciato

Si trovava in Via IV Novembre a Reggio Emilia, quando veniva avvicinato dai militari della sezione radiomobile di Reggio Emilia, per un controllo. L’uomo, un 41enne africano, a seguito dei controlli veniva trovato in possesso di sostanza stupefacente del tipo marijuana suddivisa in 7 dosi, del peso complessivo di circa 10 grammi e veniva quindi denunciato con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

I fatti il 4 agosto scorso.

 

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(9 agosto 2025)

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Provoca un incidente senza patente, fugge e simula il furto dell’auto: denunciato

Pensando di espletare una mera formalità congedandosi dai Carabinieri con estrema tranquillità dopo aver denunciato il furto della propria autovettura che a suo dire gli era stati rubata da ignoti, si è invece ritrovato a essere “attenzionato” dai carabinieri della stazione di Casalgrande insospettiti per le “falle” della sua denuncia. Nel giro di qualche mese un 32enne reggiano si è ritrovato da vittima di un maxi furto a indagato per simulazione di reato in quanto i fatti cosi come da lui esposti in denuncia non sono risultati corrispondere al vero.

Infatti secondo quanto emerso dalle indagini l’uomo, per evitare conseguenze dopo un incidente stradale, avrebbe finto il furto della propria auto. Le indagini svolte dai militari della stazione di Casalgrande, portavano all’acquisizione di elementi di presunta responsabilità nei suoi confronti. Per questi motivi con l’accusa di simulazione di reato i carabinieri della stazione di Casalgrande hanno denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo reggiano, diretta dal Procuratore Calogero Gaetano Paci, un uomo di 32 anni residente nel reggiano.

Il procedimento, in fase di indagini preliminari, proseguirà per i consueti approfondimenti investigativi al fine delle valutazioni e determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale.

I fatti risalgono alla mattina del 20 maggio scorso, quando la Centrale Operativa di Sassuolo segnalava un incidente con tre veicoli coinvolti dei quali uno si era allontanato dal luogo del sinistro subito dopo l’impatto. Dalla targa emergeva che il mezzo era intestato al 32enne denunciato.

 

 

(27 luglio 2025)

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Ponte Veggia riapre in anticipo. Zanni: “Ottima notizia, ora si torni a parlare di nuove infrastrutture per il distretto ceramico”

Nel cantiere del Ponte Veggia – infrastruttura di proprietà dei Comuni di Casalgrande e Sassuolo ma che rappresenta un nodo cruciale per tutta la viabilità del distretto ceramico – i lavori di consolidamento strutturale stanno procedendo più rapidamente del previsto. La riapertura al traffico, inizialmente prevista per metà agosto, è ora fissata per lunedì 28 luglio, con un anticipo di due settimane rispetto alla scadenza originaria. Questo quanto comunicato dalla ditta nel sopralluogo di martedì 15 luglio 2025.

Una notizia accolta con favore dal presidente della Provincia di Reggio Emilia e sindaco di Castellarano, Giorgio Zanni, che si è recato nuovamente sul cantiere per un sopralluogo.

È un’oggettiva ottima notizia, frutto del bel lavoro svolto dall’azienda incaricata e dell’attenzione che come istituzioni abbiamo posto su questo delicatissimo cantiere nei mesi precedenti – commenta Zanni –. Abbiamo insieme predisposto tutte le accortezze possibili per ridurre il più possibile il disagio reale e oggettivo che cittadini e lavoratori hanno vissuto in queste settimane”.

Tuttavia, una volta che il ponte sarà riaperto, la situazione viabilistica tornerà esattamente a com’era prima del cantiere: ogni giorno, due volte al giorno, cittadini, lavoratori, studenti e aziende del distretto affrontano colonne e rallentamenti per raggiungere i propri luoghi di lavoro e studio.

Una situazione che segnaliamo ormai da tempo – prosegue Zanni –. Proprio per questo, ora che il ponte riaprirà in anticipo, si può e si deve anticipare anche la ripresa del tavolo di confronto sulle nuove infrastrutture necessarie a decongestionare la viabilità del distretto ceramico, un impegno che si può e si deve. Mi riferisco al raddoppio delle corsie della SP 467 sul lato modenese e all’urgenza di riprendere con decisione lo studio di un nuovo 3° ponte sul Secchia”.

Il presidente ha poi sottolineato che questo cantiere ha dimostrato come, con buona volontà politica e capacità tecnica, sia possibile rispettare i tempi e gestire anche situazioni complesse.

“Abbiamo gestito con equilibrio e determinazione i giorni più critici della chiusura – ha aggiunto Zanni – grazie anche al presidio della Polizia provinciale, al monitoraggio costante con drone nelle ore di punta e a un lavoro quotidiano di coordinamento istituzionale, in piena sinergia con la Polizia municipale dell’Unione Tresinaro Secchia e dei volontari che ringraziamo di cuore”.

Eravamo presenti prima, lo siamo stati durante il cantiere e continueremo a esserlo anche dopo – conclude –. Ora è il momento di uscire dalla logica dell’emergenza: servono investimenti e, prima ancora, una visione strategica condivisa per la mobilità del distretto, su entrambi i lati del Secchia”.

 

 

 

(17 luglio 2025)

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Mezzo etto di droga in tasca: 19enne denunciato

Si trovava a bordo della propria autovettura, quando i militari della stazione dei carabinieri di Casalgrande intenti nello svolgimento di un servizio perlustrativo e di controllo alla circolazione stradale, fermavano l’auto in via Carl Marx di Casalgrande.

Durante le procedure di controllo, alla richiesta dei documenti, uno degli occupanti, seduto sul lato passeggero, poi identificato in un 34enne, ha manifestato sin da subito, un’ingiustificata ansia e nervosismo tanto da insospettire gli operanti che hanno approfondito i controlli riuscendo a ricondurre i motivi di tale stato d’animo. Infatti l’uomo, veniva trovato in possesso di un pezzo di sostanza stupefacente del tipo hashish del peso complessivo di circa 50 grammi. Per questi motivi con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti i carabinieri della stazione di Casalgrande hanno denunciato alla Procura di Reggio Emilia, diretta dal Procuratore Calogero Gaetano Paci, un 19enne residente in un comune del comprensorio ceramico.

I fatti poco dopo le ore 19.00 del 10 luglio scorso quando i militari della stazione di Casalgrande, nel corso di un servizio perlustrativo e di controllo della circolazione stradale, nel transitare in Via Carl Marx, del comune di Casalgrande, fermavano un’autovettura con a bordo due persone. Durante le normali procedure di identificazione, alla richiesta dei documenti, il passeggero mostrava un immotivata ansia, tanto da insospettire i militari, i quali decidevano di approfondire i controlli, rinvenendo nella disponibilità dell’uomo, un pezzo di sostanza stupefacente  del tipo hashish del peso complessivo di circa 50 grammi.

A seguito di quanto emerso, il ragazzo veniva condotto in caserma ed al termine delle formalità di rito veniva denunciato in ordine al riferimento normativo violato. Contestualmente i militari procedevano al sequestro della droga la cui detenzione è stata ricondotta ai fini di spaccio.

 

 

(14 luglio 2025)

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Danneggiamento al Centro Giovani Made: due arrestati

Dopo aver forzato alcune delle porte esterne del “Centro Giovani MADE”, ubicato a Scandiano calciandole ripetutamente, due uomini di 28 anni sono riusciti ad accedere all’interno della struttura e una volta varcata la soglia si portavano nei locali interni e giunti alla “Sala Smart” colpivano con un calcio la porta d’ingresso, danneggiando gravemente la serratura e rendendo inutilizzabile l’accesso.

L’allarme sonoro metteva in fuga i due, ed attivava l’intervento dei Carabinieri, i quali giunti sul posto, davano avvio ai primi accertamenti. Grazie alle immagini di videosorveglianza e alle testimonianze di alcuni passanti, i militari hanno identificato i presunti responsabili. Con l’accusa di danneggiamento in concorso i carabinieri della tenenza di Scandiano hanno denunciato alla Procura di Reggio Emilia, diretta dal Procuratore Calogero Gaetano Paci, due uomini di 28 anni residenti nel modenese.

Gli accertamenti relativi al procedimento, in fase di indagini preliminari, proseguiranno per i consueti approfondimenti investigativi al fine delle valutazioni e determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale. I fatti il 23 febbraio 2025, intorno alle ore 8.30 presso il “Centro Giovani MADE”, quando, a seguito dell’attivazione del sistema di allarme, una pattuglia dei Carabinieri di Albinea interveniva sul posto, rilevando segni evidenti di effrazione e danneggiamento a una delle porte d’ingresso.

 

 

(12 luglio 2025)

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Sant’Antonino APS: la verità e il senso della vita nella cura delle relazioni

di Vanni Sgaravatti

La verità non è un’entità predeterminata da trovare, ma il risultato di un atto dinamico, da intendersi come continua ricerca del significato, condotta insieme all’altro della relazione, in percorsi condivisi, con il tentativo di uscire dalle nostre “grotte di Platone”.

Offrendo in questo modo la testimonianza di questa ricerca comune, ma al contempo personale e della coerente corrispondenza tra la risposta continuamente aggiustata e il significato delle “cose” indagate.

Una ricerca che continua per approssimazioni successive verso un sempre maggior grado di verità, senza avere l’illusione di arrivare ad un punto finale.

Infatti, la verità assoluta, quella peraltro inconoscibile, non è la verità convenzionale, parziale, come quella giuridica, quella che incanala le risposte secondo domande formulate secondo, appunto, una determinata convenzione.

Occorre non abbandonarsi a quello che i tecnici filosofi chiamano “il prospettivismo post nietzschiano”, in cui la relazione con il reale dipende da interessi e dalla posizione personale, che, peraltro, è sempre condizionata dai media, che fungono da filtri.

Trascurare l’importanza del filtro nel nostro rapporto con la realtà significa abbandonarci ai desideri indotti da questo, senza esercitare un pensiero critico su di essi. Vogliamo uscire da questa dipendenza?

È faticoso: occorre prendere distanza da noi stessi e dai nostri desideri, per chiederci, quanto questi sono veramente “nostri”.

Ma perché fare questa fatica?

Forse per ritrovare un senso e rimediare ad uno stato di angoscia esistenziale, ancorché spesso inconscio?

Ma per avere il gusto di farlo occorre riuscire ad essere consapevoli del rapporto tra questa dipendenza e il disagio di fondo, senza necessariamente attribuirlo solo alle cause immediate e spesso di comodo.

Per raggiungere questa consapevolezza, occorre, quindi, cominciare a renderci conto che la visione della realtà non dipende da noi, ma da intermediari tecnologici o artificiali, tra cui, soprattutto, la burocrazia, il principale filtro che regola il nostro rapporto con la realtà.

Quando qualcuno scambia la regola burocratica per la realtà commette un “delitto” contro la verità, non solo perché non gli permette di raccordare la propria azione alla relazione con un altro umano, ma solo con il soggetto che lo rappresenta, ma anche perché, così facendo, si allena a scambiare la verità per uno schermo imposto, spesso di comodo. Anche se inconsapevolmente.

L’ambito sociosanitario assistenziale, mettendo al centro la relazione da curare, apre l’occasione più unica che rara di essere reciprocamente aiutati nel vedere come il filtro dei media (burocrazia compresa), omologando entità diverse come l’umano e l’artificiale, distorce la stessa relazione.

Per fare questo occorrerebbe trovare il tempo e lo spazio, avvertendolo come fondamentale e non come una “perdita”, di pensare insieme sul nostro pensato, in particolare gli assistenti con cui si vive una prassi comune, per far emergere la veridicità delle nostre esistenze dall’intreccio della burocrazia che ci avvolge.

Una burocrazia che, classificando e portando ad incanalare le risposte secondo regole procedurali, scritte o immaginate che siano, induce a vivere questa modalità come necessaria per essere e sentirsi efficienti.

Nell’ambito sociosanitario assistenziale, i volontari, in teoria, potrebbero valorizzare qualche vincolo e paura in meno rispetto ai lavoratori, per ragionare sui significati (filosofia), ma purtroppo la modalità con cui siamo stati abituati a rapportarci con il reale per tanti anni nel lavoro, fa ricadere i volontari nelle stesse modalità, facendo vivere loro l’ansia dell’inadeguatezza al ruolo e la necessità degli strumenti per dare le risposte “concrete” ad un altro.

I credenti hanno la fortuna di colmare questo buco tra efficienza e senso esistenziale, delegando questa ricerca di senso alla predica e alla relazione con il prete, dando poi un significato di adeguamento alle prescrizioni evangeliche, con eventuale perdono per comportamenti e pensieri difformi.

Trascurando, però, il fatto che anche il Vangelo può essere testimonianza di un processo di verità rilevata, inteso come un percorso dinamico per la ricerca della verità.

Ed è questo il significato di verità come atto dinamico, che richiama la nostra responsabilità di volere cercarla nella relazione, per dare un senso alla condivisione umana delle esperienze e non tanto per un fine esterno, come quello, peraltro nobile, di essere più efficace nel raggiungere un obiettivo predeterminato, come dare risposte che a noi appaiono “concrete” a bisogni “concreti”.

Naturalmente, le cosiddette risposte concrete sono necessarie e possono sempre essere migliorate, così come un falegname pulisce i propri strumenti di lavoro, ma l’ordine, la pulizia, e il buon funzionamento degli strumenti non sono il fine ultimo della relazione.

Possiamo essere tutti testimoni della ricerca della verità, che è una componente intrinseca allo stesso concetto di verità, dove testimone è colui che, individuata una verità (sempre contingente), trovata nella dinamica della relazione, la percepisce come qualcosa che si impone a lui e che implica, per renderla davvero vera, una risposta emotiva e talvolta effettiva, assumendo il rischio di scegliere in prima persona.

Anche quando ci relazioniamo con l’artificiale, siamo noi a testimoniare la ricerca della verità ed a certificarla, sapendo però che in questo rapporto abbiamo bisogno dell’elaborazione di un’etica, perché non abbiamo tempo per attendere un suo autonomo sviluppo o disvelamento, in sintonia con i tempi dell’evoluzione culturale (come è stato in passato) e tanto meno in sintonia con l’evoluzione biologica. Ammesso che, da genuini antropocentrici, ci teniamo ad una realtà adatta alle specifiche dell’umano.

Un’etica che non va intesa solo come insieme di prescrizioni morali, che definiscono etico il risultato di un comportamento, ma come una modalità moralmente condivisa di processo relazionale.

L’ascolto dell’altro è una delle prime componenti della ricerca dell’autenticità in una relazione, ma questo significa accettare di farsi attraversare dalla verità dell’altro, senza poter controllare e predeterminare l’esito, disponibili a modificare le proprie credenze.

È decisamente più comodo seguire una procedura e dei paletti immaginati nella propria testa indipendentemente dalla realtà dell’altro, ma allora non lamentiamoci del dolore burocratico come derivasse da una ferita imposta da un altro, un soggetto straniero.

Come in quei film di fantascienza, potremmo scoprire che il nemico burocratico risponde al capo della Spectre che accarezza il gatto bianco, e ha il nostro volto.

L’Associazione gli incontri di S. Antonino, per combattere il rischio del burn out e del vuoto esistenziale di molti operatori socio sanitari (e non solo) ha intenzione di approfondire questi temi dentro di noi e fuori di noi, in ruoli e sceneggiature che costituiranno una performance originale: “Il dolore burocratico a teatro”.

 

 

(3 luglio 2025)

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La verità e il senso della vita nella cura delle relazioni

di Vanni Sgaravatti

La verità non è un’entità predeterminata da trovare, ma il risultato di un atto dinamico, da intendersi come continua ricerca del significato, condotta insieme all’altro della relazione, in percorsi condivisi, con il tentativo di uscire dalle nostre “grotte di Platone”.

Offrendo in questo modo la testimonianza di questa ricerca comune, ma al contempo personale e della coerente corrispondenza tra la risposta continuamente aggiustata e il significato delle “cose” indagate.

Una ricerca che continua per approssimazioni successive verso un sempre maggior grado di verità, senza avere l’illusione di arrivare ad un punto finale.

Infatti, la verità assoluta, quella peraltro inconoscibile, non è la verità convenzionale, parziale, come quella giuridica, quella che incanala le risposte secondo domande formulate secondo, appunto, una determinata convenzione.

Occorre non abbandonarsi a quello che i tecnici filosofi chiamano “il prospettivismo post nietzschiano”, in cui la relazione con il reale dipende da interessi e dalla posizione personale, che, peraltro, è sempre condizionata dai media, che fungono da filtri.

Trascurare l’importanza del filtro nel nostro rapporto con la realtà significa abbandonarci ai desideri indotti da questo, senza esercitare un pensiero critico su di essi. Vogliamo uscire da questa dipendenza?

È faticoso: occorre prendere distanza da noi stessi e dai nostri desideri, per chiederci, quanto questi sono veramente “nostri”.

Ma perché fare questa fatica?

Forse per ritrovare un senso e rimediare ad uno stato di angoscia esistenziale, ancorché spesso inconscio?

Ma per avere il gusto di farlo occorre riuscire ad essere consapevoli del rapporto tra questa dipendenza e il disagio di fondo, senza necessariamente attribuirlo solo alle cause immediate e spesso di comodo.

Per raggiungere questa consapevolezza, occorre, quindi, cominciare a renderci conto che la visione della realtà non dipende da noi, ma da intermediari tecnologici o artificiali, tra cui, soprattutto, la burocrazia, il principale filtro che regola il nostro rapporto con la realtà.

Quando qualcuno scambia la regola burocratica per la realtà commette un “delitto” contro la verità, non solo perché non gli permette di raccordare la propria azione alla relazione con un altro umano, ma solo con il soggetto che lo rappresenta, ma anche perché, così facendo, si allena a scambiare la verità per uno schermo imposto, spesso di comodo. Anche se inconsapevolmente.

L’ambito sociosanitario assistenziale, mettendo al centro la relazione da curare, apre l’occasione più unica che rara di essere reciprocamente aiutati nel vedere come il filtro dei media (burocrazia compresa), omologando entità diverse come l’umano e l’artificiale, distorce la stessa relazione.

Per fare questo occorrerebbe trovare il tempo e lo spazio, avvertendolo come fondamentale e non come una “perdita”, di pensare insieme sul nostro pensato, in particolare gli assistenti con cui si vive una prassi comune, per far emergere la veridicità delle nostre esistenze dall’intreccio della burocrazia che ci avvolge.

Una burocrazia che, classificando e portando ad incanalare le risposte secondo regole procedurali, scritte o immaginate che siano, induce a vivere questa modalità come necessaria per essere e sentirsi efficienti.

Nell’ambito sociosanitario assistenziale, i volontari, in teoria, potrebbero valorizzare qualche vincolo e paura in meno rispetto ai lavoratori, per ragionare sui significati (filosofia), ma purtroppo la modalità con cui siamo stati abituati a rapportarci con il reale per tanti anni nel lavoro, fa ricadere i volontari nelle stesse modalità, facendo vivere loro l’ansia dell’inadeguatezza al ruolo e la necessità degli strumenti per dare le risposte “concrete” ad un altro.

I credenti hanno la fortuna di colmare questo buco tra efficienza e senso esistenziale, delegando questa ricerca di senso alla predica e alla relazione con il prete, dando poi un significato di adeguamento alle prescrizioni evangeliche, con eventuale perdono per comportamenti e pensieri difformi.

Trascurando, però, il fatto che anche il Vangelo può essere testimonianza di un processo di verità rilevata, inteso come un percorso dinamico per la ricerca della verità.

Ed è questo il significato di verità come atto dinamico, che richiama la nostra responsabilità di volere cercarla nella relazione, per dare un senso alla condivisione umana delle esperienze e non tanto per un fine esterno, come quello, peraltro nobile, di essere più efficace nel raggiungere un obiettivo predeterminato, come dare risposte che a noi appaiono “concrete” a bisogni “concreti”.

Naturalmente, le cosiddette risposte concrete sono necessarie e possono sempre essere migliorate, così come un falegname pulisce i propri strumenti di lavoro, ma l’ordine, la pulizia, e il buon funzionamento degli strumenti non sono il fine ultimo della relazione.

Possiamo essere tutti testimoni della ricerca della verità, che è una componente intrinseca allo stesso concetto di verità, dove testimone è colui che, individuata una verità (sempre contingente), trovata nella dinamica della relazione, la percepisce come qualcosa che si impone a lui e che implica, per renderla davvero vera, una risposta emotiva e talvolta effettiva, assumendo il rischio di scegliere in prima persona.

Anche quando ci relazioniamo con l’artificiale, siamo noi a testimoniare la ricerca della verità ed a certificarla, sapendo però che in questo rapporto abbiamo bisogno dell’elaborazione di un’etica, perché non abbiamo tempo per attendere un suo autonomo sviluppo o disvelamento, in sintonia con i tempi dell’evoluzione culturale (come è stato in passato) e tanto meno in sintonia con l’evoluzione biologica. Ammesso che, da genuini antropocentrici, ci teniamo ad una realtà adatta alle specifiche dell’umano.

Un’etica che non va intesa solo come insieme di prescrizioni morali, che definiscono etico il risultato di un comportamento, ma come una modalità moralmente condivisa di processo relazionale.

L’ascolto dell’altro è una delle prime componenti della ricerca dell’autenticità in una relazione, ma questo significa accettare di farsi attraversare dalla verità dell’altro, senza poter controllare e predeterminare l’esito, disponibili a modificare le proprie credenze.

È decisamente più comodo seguire una procedura e dei paletti immaginati nella propria testa indipendentemente dalla realtà dell’altro, ma allora non lamentiamoci del dolore burocratico come derivasse da una ferita imposta da un altro, un soggetto straniero.

Come in quei film di fantascienza potremmo scoprire che il nemico burocratico risponde al capo della Spectre che accarezza il gatto bianco ha il nostro volto.

L’Associazione gli incontri di S. Antonino, per combattere il rischio del burn out e del vuoto esistenziale di molti operatori socio sanitari (e non solo) ha intenzione di approfondire questi temi dentro di noi e fuori di noi, in ruoli e sceneggiature che costituiranno una performance originale: “Il dolore burocratico a teatro”.

 

 

(3 luglio 2025)

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Chiude il ponte di Veggia fino al 16 agosto

Chiude per sessanta giorni, per importanti lavori di riqualificazione, il ponte di Veggia che rimarrà chiuso al transito dal 16 giugno al 16 agosto (per 60 giorni complessivi) “in modo da limitare i disagi il più possibile, lontani dal periodo scolastico ed evitando interferenze con eventi strategici come il Cersaie. Il cantiere non può essere rimandato perché farlo significherebbe rischiare la perdita dei finanziamenti PNRR e soprattutto lasciare il territorio senza una rete sicura per il traffico pesante (ad oggi non ci sono alternative in caso di blocchi sul ponte del Secchia, della provinciale)”.

Così informava un paio di settimane fa una nota stampa del Comune di Sassuolo. Comunicato che proseguiva:

“L’Amministrazione ha istituito un Tavolo di Coordinamento permanente, coinvolgendo istituzioni, autorità competenti e rappresentanze economiche. Sono state attivate azioni concrete, tra cui: la continuità del servizio di Trasporto Pubblico Locale, l’organizzazione dei percorsi alternativi, il confronto costante con le imprese del distretto industriale, il monitoraggio operativo delle criticità. L’impresa affidataria sta già operando nel rispetto del cronoprogramma, passando a doppi turni e anche lavorazioni notturne nella fase di chiusura totale. Nonostante condizioni meteorologiche difficili nel 2024, non sono state richieste sospensioni e il termine di esecuzione (410 giorni complessivi) è confermato”

L’Assessore alla Rigenerazione Urbana David Zilioli ha introdotto in questo modo, nel corso del Consiglio Comunale di ieri sera, la risposta all’interrogazione delle opposizioni riguardante i prossimi lavori di sistemazione del ponte Veggia.

Il quadro economico complessivo ammonta a circa 8,35 milioni di euro, coperti anche fondi PNRR, regionali e dei due comuni. Al termine dell’intervento il ponte sarà pienamente transitabile per mezzi pesanti, meno esposto a chiusure improvvise in caso di piene, più resiliente per la mobilità e la competitività del Distretto e verrà realizzato un nuovo percorso protetto da guard-rail, largo circa 120 cm, migliorando la sicurezza di chi si muove a piedi o in bicicletta”.

“La chiusura del Ponte della Veggia – ha proseguito l’Assessore – per circa 60 giorni era già prevista nella fase progettuale, come indicato nel Progetto Definitivo approvato con deliberazione della Giunta Comunale n. 79 del 7 aprile 2023 e confermato nel Progetto Esecutivo (DGC n. 210 del 13 ottobre 2023). Le lavorazioni di consolidamento strutturale richiedono interventi simultanei su tutta la sezione trasversale: il senso unico alternato non sarebbe stato tecnicamente compatibile né con le esigenze di sicurezza dei lavoratori né con le esigenze statiche del ponte; inoltre è stato simulato che le lunghe code derivanti da un sistema semaforico andrebbero a bloccare le rispettive viabilità cittadine”.

“Sono state ipotizzate soluzioni alternative come l’installazione di un ponte Bailey  – ha proseguito Zilioli – ma sono risultate non praticabili per i costi sproporzionati (oltre 1 milione di euro) rispetto alla durata della chiusura, i tempi lunghi richiesti per le autorizzazioni e soprattutto per la mancanza di efficacia di questa soluzione, perché il ponte sarebbe ad una corsia e quindi con sistema semaforico a senso alternato, con le problematiche ben conosciute. Per rendere funzionale un ponte temporaneo, inoltre, è necessaria una serie di ricuciture viabilistiche (es rampe, infrastrutture…) con la viabilità esistente in zone delicate da un punto di vista naturalistico e soprattutto idraulico.

Già dal mese di febbraio sono stati avviati contatti con il Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale per verificare l’utilizzo emergenziale della Traversa di San Michele. Le verifiche tecniche sono ancora in corso, in coordinamento con le Forze dell’Ordine, relativamente alle modalità per garantirne l’idoneità come percorso di emergenza”.

“Il cantiere in corso è particolarmente complesso – ha concluso l’Assessore David Zilioli –  si interviene su un’infrastruttura che ha oltre cento anni di vita e che richiede oggi opere di consolidamento strutturale non più rinviabili. Comprendiamo pienamente le preoccupazioni diffuse, che sono anche nostre, ma il senso di responsabilità impone di non rimandare gli interventi e di non stabilizzare situazioni precarie con richieste o aspettative che, tecnicamente o normativamente, non risultano praticabili”.

 

(15 giugno 2025)

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Parcheggio “conteso”: minacce e danni all’auto. Denunciato dai Carabineri

di Redazione Scandiano

Un diverbio nato a seguito della contestazione di un parcheggio, ha visto un 21enne, durante il litigio, andare su tutte le furie scagliandosi verbalmente nei confronti della vittima, una donna di 63 anni con espressioni minacciose e gravemente offensive, contestandole la modalità di parcheggio del proprio veicolo, per poi sferrare violenti calci all’auto della donna. Per questi motivi con le accuse di minaccia e danneggiamento, i carabinieri della stazione di Reggiolo hanno denunciato alla Procura di Reggio Emilia, diretta dal Procuratore Calogero Gaetano Paci, un 21enne residente in un comune della bassa reggiana.

Tutto ha origine il 7 maggio scorso, quando la vittima, una donna di 63 anni si è recata presso la Stazione Carabinieri di Reggiolo per sporgere formale querela in relazione ad un episodio di minacce e danneggiamento doloso alla propria autovettura, verificatosi nelle prime ore della mattinata dopo essere uscita da un esercizio commerciale del locale centro cittadino.

La vittima ha riferito ai militari, che dopo essere uscita da un panificio per l’acquisto di generi alimentari, un uomo, in evidente stato di agitazione, l’ha aggredita verbalmente con espressioni minacciose e gravemente offensive, contestandole la modalità di parcheggio del proprio veicolo. Nonostante il tentativo della donna di riportare la calma, il giovane, lui, ha iniziato a sferrare violenti calci alla sua autovettura provocando danni rilevanti alla carrozzeria.

Nell’immediatezza la vittima, dopo la disavventura, si recava dai carabinieri della stazione di Reggiolo, ai quali raccontava il fatto. Formalizzata la denuncia, i carabinieri davano avvio alle indagini. L’attività investigativa, svolta dai militari, supportata anche dalle immagini delle telecamere di video sorveglianza poste all’interno dell’esercizio commerciale, e dal riconoscimento fotografico del giovane presunto aggressore, da parte della vittima, permettevano di acquisire a carico del 21enne, elementi circa la sua presunta responsabilità in ordine al reato contestato, circostanza per cui veniva denunciato alla Procura reggiana in relazione al citato riferimento normativo violato.

 

 

(2 giugno 2025)

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